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Grassi o lipidi nella cellulite

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Grassi o lipidi nella cellulite

Ogni volta che nell’organismo viene introdotta una quantità di carboidrati superiore a quella che può essere utilizzata immediatamente a scopo energetico o che può essere immagazzinata sotto forma di glicogeno (fegato e muscoli), l’eccesso viene rapidamente convertito in trigliceridi e poi depositato in questa forma nel tessuto adiposo, con comparsa o peggioramento della cellulite.

I lipidi presenti nell’alimentazione sono i grassi propriamente detti (solidi a temperatura ambiente) e gli oli (liquidi a temperatura ambiente).
La funzione dei grassi o lipidi è fondamentalmente quella di fornire energia di deposito; oltre a ciò, svolgono altre fondamentali funzioni: rappresentano il principale costituente delle membrane cellulari, costituiscono la base di numerosi ormoni, favoriscono l’assorbimento delle vitamine liposolubili, svolgono la funzione di isolante termico, regolano i centri della fame e della sazietà e contribuiscono a fornire gusto ai cibi.

I grassi che costituiscono il substrato energetico sono gli acidi grassi; dal punto di vista qualitativo è determinante, per le loro caratteristiche strutturali e funzionali, la suddivisione in grassi saturi (senza doppi legami), monoinsaturi (un doppio legame) ed insaturi o poliinsaturi (con due o più doppi legami). A questi va aggiunto il grasso trans che è un grasso artificiale simile al grasso saturo.

La quantità di grassi presente nei diversi alimenti varia da prodotto a prodotto, passando da valori di circa l’1% per molti vegetali a valori dal 5% al 25% nelle diverse varietà di pesce e di carni magre fino all’85% nel burro e nella margarina e al 100% degli oli. Anche se tutti e quattro i tipi di grasso sviluppano la stessa quantità di calorie per grammo (9cal/g), ognuno di loro ha un effetto molto diverso sull’organismo.

I grassi saturi (carni rosse, formaggi, altri prodotti animali comprese le carni bianche dove sono in percentuale minore, burro) e i grassi monoinsaturi (olio d’oliva) rappresentano i grassi più frequenti nella nostra alimentazione.
Un’alimentazione sana prevede un utilizzo parsimonioso dei grassi saturi il cui eccesso è strettamente correlato all’insorgenza di patologie cardiovascolari e ad alcuni tumori.
I grassi monoinsaturi, egregiamente rappresentati dall’olio di oliva, hanno ottime qualità antiossidanti ma occorre stare attenti al loro alto potere calorico (un cucchiaio da minestra ne contiene 10 gr = 90 cal).
I grassi poliinsaturi si trovano prevalentemente nelle verdure (ma in percentuali molto basse), negli oli di semi, nel pesce azzurro, nelle noci, arachidi e mandorle; è una categoria molto importante per le caratteristiche anti-aterogene e per la presenza di acidi essenziali, come l’acido palmitico e alfa-linoleico, che l’uomo non è in grado di sintetizzare e che quindi devono essere assunti con l’alimentazione.

Nella categoria dei grassi poliinsaturi sono comprese due importanti sottoclassi di acidi grassi: gli Omega-3 e gli Omega-6.
Gli oli vegetali, le noci, le mandorle e le arachidi sono ricchi di Omega-6 e sono presenti nella nostra dieta; meno presenti sono gli Omega-3 che si trovano in particolare in alcune specie di pesce atlantico (di alcune regioni nordiche: Giappone, Groenlandia) ma con una minore percentuale anche nel nostro pesce azzurro e nelle stesse noci, arachidi e mandorle.
Dunque, il pesce ed i crostacei sono eccellenti fonti di grassi insaturi e proteine di ottima qualità, contenenti abbondanti quantità di aminoacidi essenziali e sono molto digeribili ad ogni età. Il pesce e i frutti di mare contengono generalmente meno grassi e calorie a parità di peso rispetto alle carni e forniscono la stessa quantità o poco meno di colesterolo (i frutti di mare ed i crostacei ne contengono di più rispetto ad altri pesci).
Il tonno, il pesce spada, le acciughe, gli sgombri, il salmone (10-20%) e l’anguilla (25%) rappresentano il pesce azzurro che contiene più grasso rispetto ad altre specie di pesce (mediamente il 5% è il contenuto in grassi del merluzzo e della sogliola), ma si tratta soprattutto di grasso insaturo.

Quando l’organismo ha a disposizione adeguate quantità di carboidrati, l’utilizzazione dei grassi a scopo energetico è notevolmente ridotta: infatti, come abbiamo già detto, la via preferita dall’organismo per produrre energia è quella dei carboidrati. Non solo; l’eccesso di carboidrati induce un aumento della sintesi dei grassi ad opera dell’azione dell’insulina.
La dose massima di grasso che il corpo può perdere è circa 1.500 in una settimana, in realtà è già molto perderne 600 grammi, tutto il resto del peso perduto è costituito da proteine ed acqua.
Una persona che inizia una dieta troppo drastica tipo 3.5 kg in 7 giorni perderà 1 kg di grassi, 500 gr di acqua e 2 kg di proteine. Vuol dire che il corpo di questa persona sta consumando le proprie proteine, ne risulterà una riduzione della capacità metabolica, un indebolimento, un aspetto malaticcio ed una riduzione pericolosa della quota proteica che alla lunga può condurla ad una condizione detta sarcopenia (riduzione patologica della percentuale di massa magra). Quando smetterà la dieta prenderà più peso di prima

Il modo migliore in generale per affrontare una corretta perdita di peso è quello di rispettare, nella dieta quotidiana, la percentuale di carboidrati, grassi e proteine, preferire i carboidrati complessi, ridurre l’importo calorico di 500-1000 calorie/giorno ed incrementare la spesa energetica con l’esercizio fisico di 300-500 calorie/giorno.

Il tessuto adiposo

La cellula adiposa è una cellula metabolicamente attiva che gioca un ruolo centrale nel controllo dell’equilibrio energetico dell’organismo.
Nella sua membrana sono presenti i recettori a cui si legano i diversi ormoni che hanno attività lipogenetica (insulina, estrogeni) o lipolitica (ormoni tiroidei, surrenalici, androgeni).
All’interno della cellula adiposa si trovano i trigliceridi generalmente in forma liquida, l’unica forma in cui possono essere utilizzati. Le cellule adipose possono anche sintetizzare i trigliceridi a partire dai carboidrati.
Il primo stadio dell’utilizzo dei trigliceridi a scopi energetici è la scissione in acidi grassi e glicerolo che vengono trasportati ai tessuti ed ossidati per fornire energia (beta ossidazione degli acidi grassi).

Regolazione ormonale del metabolismo dei grassi.

Almeno sette ormoni hanno un effetto marcato sul metabolismo dei grassi.
Insulina: favorisce l’utilizzo dei carboidrati a scopo energetico e aumenta la sintesi dei grassi (effetto lipogenetico). La sua mancanza, come nel diabete mellito insulino dipendente o giovanile, determina un estremo dimagramento per consumo dei depositi di grasso.
ACTH e Glicocorticoidi: aumentano la mobilizzazione dei grassi dalle cellule adipose.
HGH: azione di mobilizzazione dei grassi simile a quella dei glicocorticoidi.
Ormoni tiroidei: esplicano un’azione lipolitica diretta ed indiretta (attraverso la sensibilizzazione delle cellule adipose all’attività lipolitica delle catecolamine; riducono l’azione lipogenetica dell’insulina.
Adrenalina e noradrenalina: hanno una spiccata azione lipolitica.

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